domenica 3 gennaio 2010

Non vedo, non sento, non parlo

La prima immagine è in un affollato locale Bolognese, ritrovo abituale d'Erasmus ed anche mio, fino a qualche anno fa (bisogna anche dire che proprio lì si svolse uno dei passaggi fondamentali di uno degli eventi più surreali che ricordi, ma questa è un'altra storia).
Lì, sorseggiando coca e montenegro (sic !), io ed Espazz -tale infatti, sarebbe stato castiglianizzato il suo nome- partorimmo l'idea del Patto di Sangue.
Una stretta di mano ed un brindisi. Vada come vada, noi partiremo. Carichi "che la metà basta".
Erano infatti giunti messaggi ben precisi in tal senso. Le vite ben tracciate che improvvisamente - ops ! - sussultano disarcionandoti. E dopo un'aulica culata sul metaforico ghiaccio entrambi avevamo notato le nostre piacevoli ed artificiose costruzioni essersi scomposte. Si era pertanto giunti in uno di quei Momenti di Transizione che tanto ben si conciliano con l'idea del Viaggio.
E dove andarcene se non a Barcellona, laddove avevo vissuto tempo addietro (lo stesso E. ne conosceva lo spirito, essendo transitato di lì proprio in quel periodo) e dove ero ancora tornato da tre anni e mezzo per precisa scelta ? Tutto riconduceva lì: il capodanno, le ferie, e soprattutto la consapevolezza che avrei potuto ritrovare un ambiente familiare, perché coloro con cui avevo diviso quell'esperienza meravigliosa chiamata Erasmus proprio a BCN si erano - chi prima, chi dopo - trasferiti a vivere.
Seguirono scambi di messaggi febbrili, nell'attesa, nella promessa, nella gioia di leggere "penso a tutto io".
Ed eccoci sul BarcelonaBus, imprimere foto nella retina, e da lì scendere di corsa all'Arc de Triomf, per un abbraccio che sapeva di amicizia vera: il nostro ospite era lì, probabilmente cresciuto, ma esattamente come io lo ricordavo (del resto, ci eravamo anche visti nel frattempo: ma nella serata più vera, parola dopo parola, incappammo in un terribile prodigio, il Marchese bevuto alla goccia. Pertanto nessuno dei due sa nulla di quella sera, ed anzi, entrambi si tende a dimenticarne l'esistenza).
Realizzavo di essere a casa - credo lo realizzassero un po' tutti visto che continuavo a gridarlo ai quattro venti - come non lo ero stato mai, nemmeno mentre vivevo lì. E del resto è un argomento che avremmo adeguatamente sviscerato con il Dr. E., a cena, nel verde dell'universitat, nel gracidio di un locale affollato immersi nei fumi dell'alcol, insomma ovunque: sono le percezioni che abbiamo degli eventi a qualificarli, a farci scegliere se crederci aquile o polli indipendentemente da cosa siamo davvero.
Barcelona aveva finalmente una forma a me chiara, ne coglievo le sfumature, la leggevo e da Lei mi lasciavo leggere. Sorridevo, camminavo tra quelle vie strette e familiari, ne ascoltavo ogni sussurro, ne respiravo ogni fragranza ("Ah, si stava parlando di merda qui !"), mi divertivo ad incrociare le persone, consapevole fluido in un torrente che scorre non importa verso dove. Non argini da erigere ! Semplice dissolvenza che ti trattiene in un posto a fissare il nulla soltanto perché "qui si sta bene".
E' per me estremamente difficile rimettere in ordine un turbine di eventi che ordine non ha. Dalla prima notte, finiti per caso al Jamboree, scoprivo quanto era facile vivere la Barcellona di notte se sei giovane, fondamentalmente contento di essere lì e con il cervello disconnesso. A tutto il resto, pensava il Patto. Collezionavamo respiri, ed in seguito sarebbe stato importante analizzare in seduta l'eclatanza dei casi: come da una moneta da venti centesimi regalata ad uno sconosciuto si possa comprendere non dico il mondo intero, ma le reazioni degli altri talvolta. Avrei capito che non si cerca la propria dimensione nello specchio degli occhi dell'altro.
Ed altre frasi ed altre immagini si sarebbero alternate in rapida successione: il Negro de la Calle, le birre offerte a giro che quantipiusiamopiuneprendiamo, e tornare al Marsella e all'Oveja, e gli amici di Marco, e quell'istante di pura gentilezza che mi avrebbe sconvolto (ed emozionato realmente, e questo lo avrei capito soltanto più tardi), ci immergevamo di bar in bar, di piazza in piazza, vivendo ogni istante per ciò che era. Ed era bello vedere Wawa e Celine che ricostruivano gli spostamenti miei e di E., nel tentare di capire perché qualcuno aveva suonato al citofono "nel cuore della notte" (alle 7.30 di mattina, avrei ingenuamente obiettato). Era bello mescolarsi ad un gruppo di sconosciuti e sentirli cantare tutti insieme, gentilissimi come se mi avessero conosciuto da sempre, ed era bello persino l'imprevisto del volere un imprevisto. O ancora, rientrare a casa e trovare quei volti familiari, dire Wellington, o Canberra, o Delhi e respirare a pieni polmoni tutti insieme.
Es lo que hay, sarebbe stata la grande lezione di questi giorni di pura follia.
E infine scene in ordine sparso, da fissare nei ricordi. Quei lacrimoni di una ragazza che aveva appena perso chiavi, monedero e DNI, e l'abbraccio che mi regalò poi; il grande cuore Italiano, talvolta insopportabile, talvolta farsesco nel suo inno calcistico, ma nell'istante del bisogno si illuminò di luce divina come suonassero organi sacri; ballare sulle note dei Muse; trovarsi in un bar e capire che non è una scommessa con se stessi che ha come fine la riuscita, ma conoscersi e spingersi sempre un po' più in là, avere quell'iniezione di coraggio liquido che ci fa capire che lo specchio dell'altro riflette sempre in prima istanza se stesso. E di fronte a un para que ? si può sempre sorridere
por que es lo que hay

Por cada papel que se acabe, hay una otra escena que empieza

Mi è già capitato di aprire dei blog.

http://senzastelle.spaces.live.com/blog/cns!5ED4B953D977EA91!105.entry

http://statidicoscienza.spaces.live.com/blog/cns!C2A859925D3FFB58!135.entry

Mi era capitato di pubblicare dei micromanifesti, per descrivere quello che l'eventuale lettore si sarebbe trovato davanti. Una sorta di disclaimer: non aspettatevi contenuti pratici che non ve ne saranno.

Questa volta non lo farò. Perché continuo a pensare che il blog sia un'esigenza personale, un desiderio di focalizzare o imprimere ricordi, pensieri, impressioni. Ed anche perché, contrariamente agli altri, questa pagina nasce per la precisa richiesta di un amico di ricominciare a scrivere dopo un tempo indefinito. Una serie di coincidenze ha poi rafforzato l'idea.

E dunque si cominci, che per ogni scena che termini un altro debutto è possibile.

La scrittura come igiene mentale (I. Svevo)